Quel giorno è oggi
“Quando si parte per un viaggio di solito si pensa a cosa portarsi via. Nel mio caso ho provato a pensare anche a cosa poter lasciare.”
Attraversare un parco rappresentava per me l’occasione per soffermarmi ad osservare i bambini giocare. C’era chi prendeva a calcio un pallone con la stessa concentrazione di un giocatore di una finale mondiale. Chi rincorreva un amico con lo stesso slancio di un centometrista. Chi si lanciava da uno scivolo con l’euforia di chi stava per compiere una grande impresa.
Attraversai un parco anche il giorno in cui i medici mi comunicarono l’esito di quell’esame. Nella mente avevo mille pensieri che si intrecciavano tra loro. Frammenti di ricordi passati si mescolavano con desideri futuri. Man mano che passavano i minuti l’interrogativo “perché a me?” lasciava il posto a un concetto molto più ampio sul significato dello “star bene”.
Il suono della vivacità dei bambini presenti mi trasmetteva serenità e la voglia di capire. Spostai lo sguardo verso gli adulti che erano nel parco. L’eccessiva premura di alcune madri. La distrazione di alcuni padri. La solitudine di alcuni nonni. Avvertivo le loro paure. I loro tanti piccoli e grandi problemi. Nessuno di loro si stava godendo quel momento, trascinati da differenti ansie. In quell’istante il mio problema era diventato secondario. Mi premeva comprendere se potesse esserci una strada per la promozione della salute.
Di fatto ne individuai cinque, alimentazione e natura, movimento e gioia, cultura e consapevolezza, mente e spirito, armonia e salute che oggi sono alla base della Fondazione.